Recensione Jumanji

Jumanji_Parrish

“Jumanji” rientra, senza alcun dubbio, tra le pellicole che sono riuscite a farsi largo negli anni ’90, imprimendo in maniera indelebile i ricordi di migliaia di ragazzi che hanno vissuto infanzia (o pre-adolescenza) proprio in quel periodo.

Siamo nel 1969. Alan Parrish, un normalissimo dodicenne in fuga dai soliti bulli, ritrova sotto uno scavo edile uno stranissimo gioco da tavolo, intagliato in legno, con rifiniture molto raffinate e con un potere che non tarderà a palesarsi.
Alan è figlio di Samuel Parrish, proprietario di una fabbrica di scarpe, e quindi molto conosciuto un tutto il paese. Tra Alan e suo padre non corre buon sangue: il genitore risulta essere molto autoritario e perfino eccessivamente intransigente nei confronti del figlio, portando il rapporto ad uno scontro verbale parecchio acceso.
Amareggiata, Alan rimane solo in casa e prova a consolarsi iniziando a studiare il nuovo gioco, a lui si aggiungerà Sarah Whittle, una sua cara amica.
Purtroppo per Alan, il suo lancio di dadi risulterà essere l’ultimo per molto, moltissimo tempo. “Nella giungla dovrai stare, finché un 5 o un 8 non compare”.
Alan viene letteralmente risucchiato all’interno del gioco e Sarah, terrorizzata dall’evento imprevisto, si mette in fuga, inseguita da minacciosi pipistrelli sbucati dal nulla.
Passano 25 anni ed il gioco viene ritrovato in soffitta nella medesima casa da due orfani: Judy e Peter…

Avevo già visto questo film, ma ho voluto rivederlo proprio da poco e anche a distanza di anni, riesce ancora ad emozionarmi. Ho adorato questo film. La riuscita,secondo me, è dovuta sopratutto al cast eccezionale, tra cui spicca soprattutto Robin Williams. Personalmente posso dire di aver amato Williams in qualsiasi ruolo abbia interpretato e qui non è da meno. Una storia coinvolgente, avventuroso ed intrigante.
Assolutamente da non perdere.

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