Recensione Maid

Maid è una mini serie tv targata Netflix, ispirata al memoir di Stephanie Land.

Tutto ruota intorno ad Alex, una giovane madre in fuga da un rapporto violento.

Più che di abuso fisico, si parlerà di abuso emotivo e l’unicità del prodotto risiede proprio in questo.
Trattare la tortura emotiva in maniera così approfondita, non lo si vede spesso in tv. Maid lo fa, con la sua comunicazione cruda,  trasparente e non forzata.
E’ questo a convincere lo spettatore e a farlo immedesimare con i drammi di questa incredibile donna.
Un dato aggiuntivo è l’espressività di Margaret Qualley (Alex) e della sua chimica con la bimba (sua figlia anche nella realtà).
Interpretazioni di alti livelli, contornate da una fotografia altrettanto degna di nota.

Maid dimostra quanto può essere difficile per una persona che si trova in situazioni simili, non solo a subire maltrattamenti, ma anche provare a chiedere aiuto. Dimostrare di essere vittime quando non si hanno evidenti segni sul corpo e non avere l’appoggio di nessuno, neanche dei proprio familiari è forse la parte più oscura della serie tv. In questa vicenda tutto quello che può andare storto, andrà storto.
Alex è fragile, indifesa. E’ una vittima, ma fino a un certo punto. Lei non si arrende, lei combatte per amore della sua bambina e per se stessa.

Maid è il racconto di un sistema sociale precario e soffocante.  E’ una storia di sopravvivenza, di legami, di sofferenza, ma anche di rinascita e speranza.

Un prodotto delicato, intenso, umano. Il ritratto intimo di un percorso dal quale sarà impossibile rimanere indifferenti. E’ difficile da digerire, ma deve assolutamente essere visto. 

 

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